È POSSIBILE UNA ECONOMIA DEL BENE COMUNE?
Alla riscoperta del vero significato del termine “com-petere”
Alla base della visione del teorico dell’economia del bene comune, l’austriaco Christian Felber, si pone la scelta tra due modelli economici: il primo vede nella concorrenza il motore che anima il mercato, il secondo nella cooperazione il meccanismo propulsore per uscire dalla attuale crisi delle economie capitalistiche avanzate.Secondo Felber, la competizione che muove le attuali economie di mercato si fonda su una logica: “Io vinco, tu perdi”, lo schema tipico “a somma zero” della teoria dei giochi, mentre la cooperazione si basa su un paradigma differente: “Io vinco, tu vinci”.La tesi di Felber è che la cooperazione sia più efficiente della competizione: logiche cooperative favoriscono una maggiore motivazione degli individui impegnati nei processi produttivi e più in generale una maggiore partecipazione a livello sociale. Agevolano inoltre la creazione di una migliore qualità della vita per tutti e un autentico conseguimento del bene comune.Se questo è vero, perché non considerare alternative ad un modello economico fondato sulla competizione? L’economia del bene comune non vuole essere un paradigma utopistico o un semplice esercizio teorico ma mira a concretarsi in un sistema di mercato, che sappia trarre profitto da dinamiche collettive e condivise.Afferma Felber: “La parola competizione, se osservata da vicino, rivela qualcosa di sbalorditivo. La sua etimologia è bellissima: viene dal latino "com" e "petere", che significa “cercare insieme” una soluzione. Quello che osserviamo oggi nel mercato è una perversione di questo senso originale, una sorta di “anti-petizione”: aziende una contro l'altra. E uno contro l'altro, alla lunga, si muore tutti e non c'è efficienza che tenga. Con la parola “cooperazione”, nel senso che le diamo nell'economia del bene comune, potremmo dire che restituiamo al “com-petere” il suo senso vero e originario”.