Le lavoratrici più sovraccariche d’Europa
Il primato tutto italiano di diseguaglianza tra i generi
L’indagine Uso del tempo, realizzata da ISTAT, evidenzia come, nella cultura italiana, gli stereotipi di genere siano ancora fortemente radicati e condivisi. Una coppia italiana su due (49,1%), è a favore di una ripartizione decisamente tradizionale dei ruoli all’interno della coppia: “È meglio per la famiglia che l’uomo si dedichi prevalentemente alle necessità economiche e la donna alla cura della casa†. Questo orientamento è prevalente nella popolazione maschile: 53,4% degli uomini (61,8% al sud).
La bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, accompagnata dalla cronica mancanza di servizi sociali per l’infanzia, ben si conciliano con una visione culturale in cui il lavoro familiare e domestico è ancora considerato una responsabilità prevalentemente femminile. In Italia, la partecipazione delle donne al lavoro rimane tra le più basse dell’Unione Europea, nonostante la contrazione della natalità. Il tasso di occupazione femminile è del 48,1% nella fascia 15-64 anni, al di sotto di oltre 10 punti percentuali rispetto alla media europea e di 20 punti rispetto ai paesi del nord Europa. Ciò è particolarmente vero nel Sud e tra le donne con minore istruzione.
Secondo il Rapporto annuale 2017 dell’ISTAT, si registra una forte asimmetria nella ripartizione del lavoro familiare anche nelle coppie dove entrambi i coniugi lavorano, con la conseguenza che le donne occupate italiane risultano le più sovraccariche d’Europa.
Nel nostro paese infatti, anche quando una donna spende lo stesso numero di ore dell'uomo sul posto di lavoro, è lei a sbrigare il maggior numero di faccende domestiche, con un carico almeno doppio. La settimana media di una donna occupata, considerando sia il lavoro retribuito sia quello familiare, prevede quindi un carico lavorativo complessivo di 58 ore (ISTAT, 2017).
Secondo i dati OCSE, si registra una minore condivisione del lavoro domestico soltanto in Turchia e Portogallo, paesi dove però si registra un minore tasso di occupazione femminile. Nei Paesi nordici come Svezia e Norvegia il divario si riduce ma non si annulla.